Comune di Donnas

Muncipio di Donnas

Comune di Donnas

Descrizione

Donnas è raggiungibile in auto tramite la Strada Statale 26 (SS26) oppure con l’autostrada Torino-Aosta (A5) (Il casello di Pont-Saint-Martin, per chi proviene dal Piemonte, è a 3 km. dal capoluogo; il casello di Verrès, per chi proviene da Aosta, dista 15 km. dal centro paese).

Donnas è collegato con autobus di linea sia con Torino che con Milano;
Il collegamento tramite la linea ferroviaria della linea Torino-Aosta;
In aereo arrivi e partenze da e per alcune città d’Italia fanno capo ad Aosta.

Dalla preistoria ad oggi

Donnas nella Preistoria

Nell’intera bassa Valle d’Aosta le notizie sulla Preistoria sono scarse. Oltre alle incisioni rupestri scolpite sulle rocce montonate tra Donnas e Bard, ai piedi del Forte, in varie zone del Comune sono state rinvenute coppelle scavate nei massi, ma la loro datazione è incerta. Sul Bec Renon, a quota 1.950 m. circa, in una selletta dell’anticima della montagna si notano numerose coppelle incise nelle rocce che testimoniano di un sicuro sito primitivo.
Alcuni reperti fittili reperiti nel pianoro di Albard sono segno della presenza di insediamenti umani.

 

L’epoca romana

La strada Romana

La colonizzazione romana ha invece lasciato segni ancora ben visibili. Donnas vide lo scontro tra i Romani e i Salassi, i primi abitanti della regione. La volontà di espansione dei Romani per imporre il proprio dominio anche al di là delle Alpi, non risparmiò il popolo salasso custode dei passi, l’Alpis Graia e Poenina, che collegano i due versanti delle Alpi. I Salassi furono sottomessi definitivamente da Augusto nel 24 a. C. e la Valle d’Aosta diventò territorio romano.

Per facilitare il transito alle legioni ed ai mercanti romani fu costruita la via delle Gallie. A Donnas la roccia a strapiombo sulla Dora Baltea fu incisa ad angolo retto per oltre un centinaio di metri: opera ciclopica, frutto probabilmente del lavoro di centinaia o migliaia di schiavi, che servì poi per tutte le epoche successive fino alla metà del secolo XIX.

Secondo Carlo Promis, i lavori di costruzione della strada consolare delle Gallie ebbero inizio subito dopo la campagna di Appio Claudio, per concludersi nel 120 a.C. Altri archeologi posticipano l’opera di qualche decennio.

Sotto Augusto, comunque, la via, completamente lastricata, poteva essere percorsa da carri.

I borghi che sorsero lungo il cammino consolare tra Donnas e Morgex diventarono sedi di fiere e mercati, punti di controllo per l’esazione di pedaggi e gabelle e di servizio per il traffico, per la presenza di ospizi, osterie e stazioni di posta.

 

La colonna miliare

Il centro urbano di maggior rilievo fu Augusta Praetoria sulla strada consolare che, percorrendo la vallata centrale, conduceva da Eporedia (Ivrea) alle Gallie attraverso il passo di Columna Jovis.

Sottolineandone la funzione, l’archeologa Rosanna Mollo ha posto l’accento da un lato sull’abilità tecnica dei costruttori, dall’altro sulla loro capacità di adattare la struttura all’ambiente, nel rispetto della natura: «vengono a crearsi così un’armonia e un equilibrio che si risolvono per l’intervento umano in chiave di economia e funzionalità. In tal senso questo monumento, ancora assai poco conosciuto, è significativo molto più di tutti gli altri».

 

Il Medioevo: i pellegrini, i Signori di Bard, i Savoia

I pellegrini medievali, percorrendo la via Francigena che ricalcava il tracciato dell’antica via delle Gallie, da Canterbury a Roma, transitarono a Donnas, ne godettero la pace e la tranquillità, l’atmosfera migliore per la loro ricerca del divino. Il tracciato della via Francigena che oggi si è assunto come ufficiale, è il percorso ricordato dall’Arcivescovo di Canterbury Sigerico nel suo diario, conservato in Gran Bretagna, che testimonia le 79 tappe da Roma, dove si era recato per ricevere il mantello vescovile (pallio), a Canterbury: “de Roma usque ad mare”.

 

La via Francigena

Dopo la caduta dell’impero romano, Donnas passò presumibilmente, come tutta la regione, sotto il controllo prima degli Ostrogoti e poi dei Bizantini; nel 575 fu ceduta dai Longobardi ai Franchi.

Nel Basso Medioevo, i fratelli Ugo e Guglielmo di Bard vennero alle armi per contendersi il territorio e il castello di Bard, situato in un punto strategico per il controllo della valle centrale. Tale conflitto coinvolse anche Donnas, i suoi abitanti e l’economia locale; infatti nel corso della guerra il borgo di Donnas venne bruciato, campi e vigneti furono devastati dai cavalieri di Guglielmo.

Il trattato di pace che segnò la fine del conflitto stabilì la divisione del mandamento. L’atto, siglato nella chiesa di San Pietro in Vincoli di Donnas il 19 giugno 1214, assegnò a Ugo il castello, oltre alla rocca di Bard e alla torre d’Aviés, mentre a Guglielmo i castelli di Pont-Saint-Martin, di Arnad e i possedimenti dei signori di Bard a Donnas, Vert ed in altri centri.

A partire dalla metà del XIII secolo, i conti di Savoia, in particolare Amedeo IV, manifestarono mire espansionistiche in Valle d’Aosta e in Canavese, s’appropriarono della rocca di Bard e delle sue dipendenze, fecero di Donnas un’importante sede comitale, in cui si tennero parecchie sedute delle Udienze Generali, nonostante i battaglieri signori locali, che, nel corso del Trecento, tentarono di riaffermare la loro autonomia. Nel corso di questi scontri le terre di Donnas vennero devastate, la porta orientale ed una torre adiacente furono distrutte, i feudatari locali furono costretti a pagare una forte ammenda e a cedere parti di giurisdizione. Da quel momento, i Savoia controllarono la bassa Valle d’Aosta, in cui si distinguevano Bard e Donnas rispettivamente come roccaforte militare e centro amministrativo ed economico. Tale situazione perdurò fino alla fine del XVII secolo.

Nel XIV secolo Donnas ospitò la prima zecca, voluta dal conte Aimone di Savoia: vi si coniarono monete con impresso sul dritto il nome AIMO o la semplice iniziale A, pezzi d’oro e d’argento.

 

Donnas nell’età moderna

L’antica strada

Intorno al 1694 il borgo e le vigne di Donnas furono affidati al conte Marco Antonio Enrielli, che si insediò nell’omonimo palazzo del borgo, mentre una parte di Vert, inglobata nel mandamento di Bard, passò al conte di Hône Jean – Pierre Marelli.

Alla fine del Seicento Donnas e Vert costituivano dunque due comuni distinti, anche per l’ostilità degli abitanti dell’envers che si opponevano ad una ventilata unione, sottolineando l’esistenza di documenti attestanti la divisione delle due comunità e la presenza della Dora che effettivamente, a quei tempi, costituiva un ostacolo alla comunicazione delle due aree. A partire dagli ultimi decenni del Settecento, però, tornarono ad essere un’unica entità amministrativa. In quel periodo la Valle fu occupata da austrorussi e francesi, a Donnas ci furono requisizioni continue e le abitazioni private furono occupate da soldati; nella primavera del 1799, il paese dovette ospitare un’intera compagnia. Il Settecento vide anche la nascita delle scuole, nel 1711 a Donnas, nel 1770 a Vert che restarono separate anche dopo la riunificazione dei due Comuni nel 1783.

La targa commemorativa di Cavour

Nel maggio 1800 il passaggio di Napoleone peggiorò la situazione. Gli abitanti, obbligati dalle autorità municipali ad ospitare soldati, dovettero sopportare scorribande e atti vandalici, come quello riportato da un certo Allasina. Donnas dovette anche fornire uomini per la demolizione del forte di Bard, ordinata da Napoleone al quale il vilain chateau aveva rallentato la marcia.

L’avventura napoleonica rese Donnas parte del Département de la Doire, in cui il sindaco era l’autorità principale del Comune, che ogni anno doveva stendere le liste di coscrizione per fornire soldati per il proseguimento delle campagne napoleoniche. La caduta del condottiero ne segnò il passaggio al Regno di Sardegna. Quello fra il 1800 e il 1814 fu per Donnas, che era il centro commerciale ed amministrativo di tutta la zona, un periodo vivace dal punto di vista socio economico. Per quanto concerne l’industria, il settore metallurgico era rappresentato da una fabbrica che ha dato il nome al luogo dove sorgeva: “Fabrecca”, ma altri imprenditori hanno lasciato un segno indelebile nella storia di Donnas.

Territorio

Il territorio di Donnas, collocato nella parte sud orientale della Valle d’Aosta, risale all’era Quaternaria, quando il movimento del ghiacciaio Balteo diede origine al bacino della Dora Baltea. Donnas confina con i comuni valdostani di Arnad, Bard, Perloz, Pont-Saint-Martin, Pontboset e Hône; con il Piemonte, con la Valchiusella e Quincinetto. La superficie del Comune è di 34,24 Kmq., di cui oltre i 3/4 occupano la destra orografica della Dora. Il fondovalle costituisce circa il 10% della superficie territoriale, occupata invece per il 90% da versanti in forte pendenza.

 

Clima

Donnas è famosa per un microclima particolare, mite e senza umidità. Sul territorio si possono ammirare alberi che non sono tipici della nostre latitudini, come il Pino Marittimo che cresce da oltre 120 anni davanti alla Chiesa parrocchiale; senza dimenticare la crescita di un’agave sulla collina dell’Adret e di alcune palme nei giardini del Borgo, sul lato rivolto verso la Dora.

La mitezza del clima è ricordata nella Tsanson dou Pay, pubblicata sul “Messager valdotain” del 1929: “[…] A Donnas l’y at pà d’iver! / L’an pà gneun le tsaousson deper.” (a Donnas non esiste l’inverno / nessuno porta le calze spaiate).

Nelle note, si spiega il perchè di questo detto: “Donnas est appelé la Nice de la Vallée d’Aoste. A cause de son climat si doux, les gens y sont la plupart du temps déchaux: ainsi, ils ne peuvent pas avoir les bas dépareillés” (Donnas è detta la Nizza della Valle d’Aosta. Grazie al suo clima dolce le persone vanno quasi sempre scalze, così non possono avere i calzini spaiati).

I due versanti, Adret e Envers, soprattutto durante l’inverno, presentano una notevole differenza. Infatti nell’envers le gelate persistono a lungo poiché il sole, nascosto dalle montagne, manca totalmente per circa tre mesi, sia nel fondovalle che nel territorio in quota.

I dati meteorologici di Donnas possono essere consultati in tempo reale sul sito della Regione autonoma Valle d’Aosta poiché registrati dalla stazione di rilevazione di Clapey all’Envers, a 314 m. sul livello del mare, in funzione dal 1994.

 

Orografia

Una targa di marmo, posta sulla stazione ferroviaria, riporta la quota ufficiale del Comune, che è di 320 metri. La quota più elevata è, sulla destra orografica, il Bec Renon, cima che digrada fino alla pianura e che segna la porta della Valle d’Aosta. Da questa quota si sposta al Bec delle Strie (2.544 m.) e al Mont Debat (2.622 m.), cima che domina sia il vallone della Mouilla, sia quello di Retempio nel Comune di Pontboset.

Il versante sinistro è particolarmente ripido e si innalza fino alla Tête de Cou (1.410 m.) e a Croix Courma (1.958 m.), dove si uniscono i confini di Donnas, Perloz ed Arnad.

Nella zona degli alpeggi dell’Envers (Praposa, Pianah, Pianfey, Chanton) si nota l’opera dei ghiacciai che si interrompe con i lati ripidi formati dal fiume e il pianoro di Albard all’Adret. Particolare la zona dell’abitato di Montey, che è stata edificata su un conoide alluvionale, formato dai detriti accumulati dallo sbocco del corso d’acqua laterale. Ma anche la ripida collina su cui sorge Rovarey, è stata formata da detriti trasportati nei secoli dal torrente Bellet, che da Croix Courma discendevano a valle.

 

Idrografia

Sul fondovalle scorre la Dora Baltea, il fiume più lungo e ricco d’acqua delle Alpi occidentali, che nasce ai piedi del Monte Bianco dalla congiunzione della Dora di val Veny e quella di val Ferret.

La Dora Baltea, come i suoi affluenti Fer, Valbona, Valsorda e Boretta (destra orografica), e dei torrenti Bellet e Legnan (sinistra orografica) è da sempre nella storia di Donnas, anche per i motivi legati a momenti difficili. Numerosi sono gli eventi idrogeologici che hanno segnato le persone e il territorio, che vanno dall’alluvione della Dora del giugno 1620 alla “Débacle”del Bellet nel 1831, dalla frana fra Donnas e Pont-Saint-Martin nel 1855 ai massi trascinati dal torrente Legnan che devastarono i vigneti nel 1868, dalla frana di Montey del 1910 all’esondazione del Fer nel 1987, fino all’alluvione del 2000.

Altri corsi d’acqua sulla sinistra orografica sono il Valley Goyet, che ha la sua sorgente a Albard, il Valley Alban e il Valley de Placet, oggi completamente asciutti, ma un tempo di una certa portata come testimoniano gli antichi argini ancora presenti nei pressi di Ronc-de-Vaccaz.

In passato poi, come tramanda P.L. Vescoz, “ (l’Hellex, l’odierno Lys) au sortir des gorges de Perloz, et à une petite distance du pont romain, il jetait vers le couchant une branche qui allait se joindre avec les eaux de la Doire près de Ronc de Vacca.” (Il Lys, uscendo dalla gola di Perloz, a poca distanza dal ponte romano slanciava un suo ramo verso ponente che andava a confluire nelle acque della Dora nei pressi di Ronc de Vacca).

Nel territorio di Donnas esiste un solo lago formatosi in una conca a monte dell’alpeggio Liet a 1673 metri di quota. Le sponde in parte pianeggianti, ma cosparse di pietre, sono zona di pascolo.

 

Prodotti enogastronomici

Gli storici fanno risalire la pratica della viticultura ai Salassi, primi abitati della Valle d’Aosta, passando per i romani che hanno lasciato tracce archeologiche legate alla coltivazione della vigna e alla vinificazione. I primi riscontri documentali sono del 1200, legati a vendette tra Signori locali a danno dei vigneti situati nel nostro attuale territorio. Senza mai fermarsi, su questo terrirorio difficile, strappato alla montagna mediante terrazzamenti, definiti in un filmato dell’Istituto Luce del 1926 “arditi”, si è arrivati al 1971, anno di riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata al Donnas. Prodotto dal Nebbiolo Picotendro, è un vino che ha 12° di gradazione alcoolica e acidità del 7- 9 per mille. F. Collutta , autore di numerosi libri di enogastronomia, così lo descrive: «colore rosso brillante, tendente al granata chiaro, con odore fine e caratteristico, profumato di mandorla, specie quando è molto invecchiato; splendido per il suo sapore morbido, di corpo non eccessivo, leggermente mandorlato, con fondo amarognolo. Si consiglia di berlo alla temperatura di 18°C e di abbinarlo con arrosto, carni rosse, specialmente con i piatti tipici del Canavese, risotto ai tre formaggi, risotto alla canavesana, e con i formaggi; per quanto riguarda i piatti valdostani si affianca a civet di camoscio, alla carbonada, alle costolette di vitello, alla valpellinense, alla polenta e saoucisses».

Al sapore particolare del Donnas D.o.c. non si può fare a meno. Anche l’abate Gorret, leggendario alpinista (1836-1907), meglio conosciuto come “orso di montagna”, amava il Donnas al punto tale che ovviò al consiglio medico di bere un solo bicchiere di vino rosso a pasto, con uno da ben due litri.

 

Vino

Gli storici fanno risalire la pratica della viticultura ai Salassi, primi abitati della Valle d’Aosta, passando per i romani che hanno lasciato tracce archeologiche legate alla coltivazione della vigna e alla vinificazione. I primi riscontri documentali sono del 1200, legati a vendette tra Signori locali a danno dei vigneti situati nel nostro attuale territorio. Senza mai fermarsi, su questo terrirorio difficile, strappato alla montagna mediante terrazzamenti, definiti in un filmato dell’Istituto Luce del 1926 “arditi”, si è arrivati al 1971, anno di riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata al Donnas. Prodotto dal Nebbiolo Picotendro, è un vino che ha 12° di gradazione alcoolica e acidità del 7- 9 per mille. F. Collutta , autore di numerosi libri di enogastronomia, così lo descrive: «colore rosso brillante, tendente al granata chiaro, con odore fine e caratteristico, profumato di mandorla, specie quando è molto invecchiato; splendido per il suo sapore morbido, di corpo non eccessivo, leggermente mandorlato, con fondo amarognolo. Si consiglia di berlo alla temperatura di 18°C e di abbinarlo con arrosto, carni rosse, specialmente con i piatti tipici del Canavese, risotto ai tre formaggi, risotto alla canavesana, e con i formaggi; per quanto riguarda i piatti valdostani si affianca a civet di camoscio, alla carbonada, alle costolette di vitello, alla valpellinense, alla polenta e saoucisses».

Al sapore particolare del Donnas D.o.c. non si può fare a meno. Anche l’abate Gorret, leggendario alpinista (1836-1907), meglio conosciuto come “orso di montagna”, amava il Donnas al punto tale che ovviò al consiglio medico di bere un solo bicchiere di vino rosso a pasto, con uno da ben due litri.

 

Castagna

In montagna, da sempre, la castagna è stata fonte di sostentamento. Le famiglie le raccoglievano per nutrirsene utilizzandola in svariati modi, ma veniva usata anche come merce da vendere ai mercati. La si chiamava il “pane dei poveri” e come il pane veniva curata. Basta fare una passeggiata nei boschi di Donnas, per riconoscere i castagni che venivano curati e innestati con altre varietà che ne miglioravano sapore e quantità. Sul loro tronco portano i segni di queste operazioni, a differenza delle piante più giovani che hanno una crescita più lineare. Solo su questo territorio si contavano diverse qualità di castagna, ognuna con le sue peculiarità: bounènte, dounahtse, dzénotte, grignole, groussére, marounne, morette, ourtènse, piaquine, pioumbése, réchane, servadze, verdése, yeuya, youére. Un grande impegno si è profuso per ridare dignità a questo frutto. Grazie a piani di intervento fondiario, si è intervenuti sulla potatura e sulla valorizzazione. Anche da un punto di vista culturale è importante far conoscere il mondo che gravitava intorno alle castagne e, ad Albard di Bard, in una vecchia grehe (piccolo fabbricato rurale utilizzato per l’essicazione delle castagne), è stato allestito un ecomuseo che, grazie a pannelli esplicativi ed oggetti esposti, descrive le varie fasi di lavorazione della castagna, frutto che è alla base a numerosi piatti tradizionali, primo fra tutti la minestra. Proprio su questo argomento e sul lavoro dei castagnari, la Biblioteca comprensoriale di Donnas, dedita alla ricerca storica, ha redatto il 4° bollettino intitolandolo La civilisation du châtaignier.

Miele

Il territorio del Comune si estende sui due versanti della Valle per ettari di boschi e prati che forniscono nutrimento a sciami di api la cui produzione, assolutamente naturale, è particolarmente apprezzata. Il miele prodotto a Donnas viene lavorato come un tempo, senza trattamenti affinché mantenga inalterate le sue caratteristiche organolettiche. Per le arnie (che sono poste ad almeno tre chilometri dall’autostrada) vengono usati coloranti naturali e le api vengono curate senza utilizzare prodotti di sintesi. Tutte queste attenzioni, la sottomissione al rigido disciplinare della Comunità europea ed i controlli degli enti certificatori fanno sì che il miele di Donnas si fregi della denominazione di biologico.

Ulivo

La storia dell’ulivo in Bassa Valle e a Donnas si perde nel passato più remoto, infatti in documenti del 515, riferiti a Saint Maurice d’Agaune, riportano Sigismondo di Borgogna come possessore di oliveti nella zona che va dal Canavese alla Valle d’Aosta.  Nel 1400 si fa obbligo di piantare un olivo per ogni appezzamento di terra zappabile in un giorno. Nel 1775 è attestata la produzione di olio a Verrès dove attualmente gli olivi di Saint-Gilles sono protetti come piante monumentali.

Oggi si possono trovare sulla collina di Donnas alcuni esemplari di olivi centenari e a Rovarey esisteva, sino a pochi anni fa, una via dell’ulivo (Purtun Mangola) lungo la quale vegetava un grosso esemplare oggi abbattuto perché malato; il proprietario lo potava la Domenica delle Palme e depositava i rami sotto un passaggio voltato dove gli abitanti della frazione potevano raccoglierli prima di avviarsi alla messa.

La coltivazione vera e propria dell’ulivo riprende a Donnas, nella zona dell’Artada, nel 1985 quando un appassionato mette a dimora una ventina di piante a cui, negli anni, se ne sono aggiunte altre sino a raggiungere il centinaio di esemplari su una superficie di 4000 mq. Dal 1998 viene prodotta una ridotta quantità di olio dalle ottime caratteristiche (perossidi molto al di sotto dei limiti, bassa acidità, assenza di difetti, sapore fruttato medio e complessità aromatica).

Personaggi illustri

La Valle d’Aosta ha costituito per secoli uno dei pochi passaggi attraverso le Alpi che conducesse nel cuore dell’Europa continentale; è quindi verosimile che celebri personaggi storici – esploratori, condottieri, santi, generali e politici – siano transitati attraverso il suo corridoio e, di conseguenza, anche attraverso il territorio di Donnas.

Le fonderie di Donnas

A quanto scrivono Plinio e Cornelio Nepote, Ercole stesso, diretto alle Esperidi, valicò la catena alpina e affidò la valle al mitico Cordelo, capo dei Salassi e fondatore, secondo un’antica leggenda, di Aosta.

In era cristiana, transitarono Pilato, san Pietro, Martino a cui è legata la leggenda del ponte di Pont-Saint-Martin (Comune al confine di Donnas), Teodulo.

Nel 990 d.C. si ha testimonianza del primo passaggio sulla via Francigena, che ricalca il tracciato della strada romana delle Gallie, da parte dell’Arcivescovo di Canterbury Sigerico.

Ma, fra i tanti, che in tutte le epoche hanno calpestato il suolo e posato il loro sguardo sui pendi scoscesi di Donnas meritano particolare attenzione le figure di:

  • Annibale
  • Napoleone
  • Cavour

 

Annibale

La Porta di Annibale

Lo storico latino Tito Livio nella sua opera più famosa, Ab Urbe condita (XXI, 37), descrive il passaggio in Valle di Annibale, diretto a Roma per combattere la seconda guerra punica. Al celebre condottiero cartaginese egli fa risalire il taglio della roccia a Donnas con la tecnica dell‘aceto: “ardentia saxa infuso aceto putrefaciunt”. Il brano, su cui ci si basa per dimostrare il transito del condottiero, negato da alcuni storici moderni, è ripreso dallo studioso valdostano Jean Baptiste De Tillier (1678-1744) nella sua opera in cui descrive la tecnica “sino a quel momento sconosciuta e in seguito mai più usata“ per tagliare la roccia. Il duro granito fu scalfito da infuocati tronchi resinosi, accatastati sulla roccia, sui quali era stata versata una grande quantità di aceto prima che si spegnessero le fiamme. Indubbiamente fu necessario un fiume di aceto per tagliare 250 metri di roccia! Le condizioni climatiche e la presenza degli elefanti rendono inoltre ancora più inverosimile la testimonianza. Certo è che nella seconda metà del XVII secolo, un anonimo, parlando dalla strada romana conclude: “[…] hodie in ipsamet rupe inspicitur haec inscriptio: TRANSITUS ANNIBALIS”, ma già al tempo del de Tillier della presunta iscrizione «le ingiurie del tempo consentivano soltanto di distinguere alcuni frammenti di lettere». L’ipotesi era stata negata dal Theatrum Sabaudiae (1682) per i presunti caratteri gotici della lapide. Ancora nell’Ottocento alcune stampe definiscono l’arco romano, che scavalca la carreggiata a Donnas, “Porte d’Annibal”.

Lo stesso Napoleone diretto a Marengo affermava di aver percorso il cammino del condottiero cartaginese e la ricerca del passaggio di Annibale guidò numerose escursioni alpine del primo Ottocento. William Brockedon, attraversati ventotto colli alpini, individuò nel Piccolo San Bernardo il valico utilizzato dai Poeni. Il cromlech, ubicato in tale passo, è definito Cerchio di Annibale e, secondo la tradizione valdostana, dal Vaudan al citato de Tillier, il generale cartaginese vi tenne consiglio, prima di giungere in Italia; il condottiero, dopo aver spronato i soldati con l’orazione fedelmente riportata da J.-C. Mochet, valicò le Alpi in soli quindici giorni, e nulla poté arrestarlo, neppure la perdita di un occhio, dovuta al violento riverbero delle nevi.

 

Napoleone

L’armata francese ad Albard nel 1800

La campagna d’Italia che, nel maggio 1800, portò nella nostra penisola l’esercito di Napoleone fu subito rallentata dalla barriera delle Alpi. Le truppe del condottiero superarono con fatica, trascinando dietro a sé rifornimenti e cannoni, il colle del Gran San Bernardo, passaggio che è stato ritratto in numerose stampe. Dopo aver proseguito celermente ed attraversato tutta la Valle d’Aosta, un ultimo ostacolo si inframezzava fra l’esercito e la pianura padana: la fortezza di Bard. I quarantamila uomini dovettero aggirare l’ostacolo passando, attraverso Machaby, da Albard, per scendere a Donnas tra il 24 e il 27 maggio. I soldati si accamparono nella frazione Lilla. Da qui, in una delle loro scorribande, essi si spinsero sino a Torgnon dove saccheggiarono la cantina di un certo Allasina versando il contenuto delle botti a terra. L’indomani, Allasina, sdegnato ma non intimorito, decise di aspettare il passaggio del Primo Console per chiedere il risarcimento per il danno subito.

Allasina, individuato Napoleone, lo invitò a scendere da cavallo e a seguirlo in cantina dove gli mostrò il risultato dell’incursione dei suoi uomini. Per convincere il Primo console dell’entità del danno, lo invitò ad assaggiare l’eccellente vino che era andato perduto. Napoleone diede ragione all’Allasina e ordinò che venisse adeguatamente risarcito, dopodiché, rimontando a cavallo, si rimise alla testa della colonna in marcia.

 

Cavour

La targa dedicata a Cavour

Nel 1831, il giovane Camillo Benso, conte di Cavour, nobile ufficiale dell’esercito regio, era guardato con sospetto per la sua simpatia nei confronti degli ideali di libertà e di rinnovamento sociale che dalla Francia rivoluzionaria si erano diffusi nel resto d’Europa. Il trasferimento in un luogo lontano dalle influenze negative della città di Torino era ciò che auspicavano i suoi superiori e suo padre. Con la scusa di un incarico ufficiale, il giovane fu allora inviato a Bard dove avrebbe potuto seguire, simbolo del rinnovato potere sabaudo, la ricostruzione del forte, raso al suolo trent’anni prima da Napoleone.

Cavour, giunto nel piccolo borgo dimenticato, visse quell’esperienza come un vero e proprio esilio. Unico conforto ai rovelli che lo tormentavano ed alla frustazione di sentirsi tagliato fuori dai mutamenti in atto e impossibilitato ad agire, era la lettura delle opere di Byron, Chateaubriand, Guizot, Hume, Lamartine e Smith, in un luogo da lui scoperto a breve distanza da Bard, nella quiete di Donnas. A Cignas, nella pace di un bosco di castagni, con la compagnia discreta del sussurro delle acque del Fer, egli amava passeggiare o sedersi ad un piccolo tavolo di pietra. A ricordo del breve soggiorno dell’illustre ospite, Donnas ha posto la seguente iscrizione: Italiano sosta! / CAMILLO BENSO DI CAVOUR / MDCXXXI – XXXII / Tenente del Genio / QUI / Sognando la Patria una e libera / Trascorse ore calme e soavi. / A culto del Grande. / Donnas MDCCCXXXIII.

 

Legende

Origine di Pramotton


Un tempo la piana di Donnas era invasa dalle acque della Dora Baltea, solo un piccolo prato emergeva ai piedi delle pareti scoscese dell’envers. Un giorno un agnello (mouton in patois) venne a brucare l’erba tenera e verde del prato e gli piacque così tanto che non se ne andò più via. Per questo il luogo è ancora oggi chiamato Pramotton (pra dou mouton, ossia prato dell’agnello).

 

La chiesa di Vert


La chiesa di Vert, un tempo, si trovava nella piana, ma una furiosa inondazione la spazzò via obbligando i fedeli a recarsi a messa a Donnas, al di là della Dora. Una sera, sul promontorio di Montey, essi videro brillare una luce che scoprirono provenire da una statua della Madonna. Decisero allora di portarla in processione alla chiesa del borgo, ma, quando fecero per partire, la statua era diventata pesantissima. Si accorsero però che, voltandosi dal lato di Vert, la Madonnina tornava ad essere leggera, così capirono di dover costruire una nuova chiesa sullo sperone di Montey dove nessuna inondazione l’avrebbe più portata via.

 

Lo starnuto

In una vuota casera di Vert, un ragazzo, stanco, si era messo a dormire, sprofondato nel fieno. Giunsero delle streghe che, credendo la casa abbandonata, l’avevano scelta come sede per il banchetto durante il quale volevano mangiarsi un neonato che avevano potuto rapire in una casa di Donnas perché la madre, mettendolo a dormire nella culla, si era scordata di fargli il segno della croce. Le streghe sollevarono il corpicino e, ancora addormentato, lo posarono sul tavolo freddo. Il piccolo, colto dai brividi, starnutì. «Dio ti salvi!», gli augurò istintivamente il ragazzo che era disteso nel fieno. Per quella frase, il sabba delle streghe si sciolse d’incanto e il giovane si trovò da solo nella casa con il bambino che, senza rendersene conto, aveva salvato e che scoprì essere suo cugino.

 

L’Artada

Sopra Rovarey c’è un villaggio. Durante una delle sue inondazioni, il torrente La Ruine portò via tutte le case salvo quelle poche costruite su un piccolo dosso. Da allora il luogo si chiamo la Ritada (oggi Artada) ossia l’arresto o ciò che è rimasto.

 

Le streghe di Bouhoù


Il calar del sole sorprese un uomo che tagliava legna sulle alture di Donnas. Sebbene si dicesse che a quell’ora uscissero le streghe, voleva finire il suo lavoro. Ad un certo punto apparve una donna che pretendeva di insegnargli a tagliare la legna così lui le disse di tenere il ceppo. Con un colpo netto le tagliò la mano. La donna, che in realtà era una strega, si mise ad urlare e scomparve tra le fiamme. L’uomo, spaventato a morte, si nascose sotto il fieno in una casa di Bouhoù. Tornarono le streghe che iniziarono a spostare, un solo stelo alla volta, il fieno che lo ricopriva. Quando avevano ormai quasi scoperto l’uomo, si udirono i rintocchi del campanile della chiesa di Donnas; a quel suono le streghe scomparvero e l’uomo fu salvo.

 

Pedeles

Un giovane di Albard, verso sera, voleva scendere al borgo. Gli abitanti della frazione lo avvisarono che a quell’ora avrebbe potuto incontrare le streghe, ma il giovane coraggioso non si fece intimorire e partì. A metà strada sentì dei rumori alle sue spalle, si voltò e vide un pagliericcio che lo seguiva. Si mise a correre, ma il pagliericcio, mosso da una strega, guadagnava terreno. Il giovane, terrorizzato, inciampò e cadde in ginocchio su un grande roccione levigato. Fece il segno della croce e si raccomandò alla Madonna promettendo di costruire un oratorio se fosse scampato. D’improvviso il pagliericcio scomparve e il giovane fu salvo. Fedele alla promessa, fece edificare l’oratorio sul roccione di Pedeles dove si possono ancora scorgere le impronte delle sue ginocchia impresse nella pietra.

 

Il fabbro di Donnas

Al tempo dei Romani, a Donnas aveva la sua forgia un fabbro molto abile, ma dedito all’alcool. Ridottosi ormai in miseria a causa del suo vizio, un giorno ebbe la visita di uno sconosciuto che gli offrì di prestargli del denaro; il prestito avrebbe avuto la durata di cinque anni, ma, da contratto, se alla scadenza non avesse restituito i soldi, avrebbe dovuto cedere al creditore anima e corpo.

Il fabbro accettò e solo quando lo sconosciuto si voltò per andarsene, si accorse che, da sotto il pastrano, spuntava una lunga coda da diavolo.

Il fabbro non voleva finire all’inferno, per cui si impose di lavorare sodo per ripagare il debito. In un primo tempo, riuscì a far fede alla sua promessa, ma presto ricadde nel suo vizio e spese tutto nel bere.

Alla scadenza del prestito, si accorse di non aver neppure un soldo così si rivolse ad una strega, per la quale aveva eseguito un lavoro, e le chiese aiuto; questa, che si era trovata bene col bravo artigiano, gli concesse di esprimere tre desideri; egli chiese: che il suo creditore, se avesse preso in mano il maglio, non lo potesse più posare, che se si fosse seduto sul divano vi rimanesse attaccato e che se avesse infilato una mano nelle sue tasche non avesse più potuto ritirarla.

Il giorno della riscossione, il fabbro riuscì a far restare attaccato al maglio il creditore che, per essere liberato, gli concesse cinque anni di proroga. La volta successiva lo fece rimanere attaccato al divano, ottenendo una nuova dilazione.

Quando il creditore tornò la terza volta, trovò il fabbro che dormiva, con un borsellino colmo di monete che gli spuntava da una tasca della giacca; cercò di afferrare i soldi, ma la mano gli rimase nella tasca; il fabbro si sfilò la giacca, la gettò sull’incudine e cominciò a sferrare martellate. Il diavolo, per salvarsi la mano, condonò del tutto il debito e, tornato all’inferno, raccomandò ai suoi demoni di non fare entrare per nessun motivo il fabbro perché non voleva ritrovarselo fra i piedi.

Il fabbro, dal canto suo, smise di bere e si dedicò con passione al suo lavoro. Divenne così abile e conosciuto che i Romani lo incaricarono di tagliare con il ferro la pietra per aprire quel tratto della strada delle Gallie che si può ancora oggi ammirare a Donnas.

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Contatti

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Viale Selve 10, 11020 Donnas (AO)

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